I cinesi di SES hanno contratto un debito da 300 milioni col fondo americano Elliot. Se non riusciranno a restituirli, il Milan diventerà di proprietà statunitense
C’erano un italiano, un cinese e un americano in Lussemburgo. Potrebbe sembrare l’inizio di un barzelletta, invece è la storia vera e grottesca che i tifosi rossoneri sono costretti a vivere sulla propria pelle ogni giorno mentre assistono al famigerato closing coi cinesi di SES. La situazione riguardante la cessione del club sembra essersi sbloccata, ma i milanisti hanno davvero poco di cui gioire: se i nuovi proprietari asiatici non saranno in grado di restituire il debito contratto per convincere Berlusconi a cedere, infatti, saranno gli americani del fondo Elliot a mettere le mani sul Milan. Lo stesso fondo che ha prestato 300 milioni ai cinesi con un tasso dell’11,5% e che ha avuto le azioni della società rossonera come garanzia. Una situazione che pone ulteriori punti interrogativi sul futuro di uno dei club più importanti al mondo.
Conferme
Intanto si susseguono le conferme riguardo al closing del 14 aprile: ieri il cda di Fininvest ha confermato per quella data l’assemblea dei soci che voterà il nuovo consiglio a marca cinese. Intanto anche Bankitalia ha acceso un faro sulla questione: l’operazione Milan passerà infatti sotto il controllo dell’Unità d’informazione finanziaria, al quale è arrivato il documento sulla “lecita provenienza di fondi” in merito alle caparre da 100 milioni, depositato dall’avvocato di Berlusconi Niccolò Ghedini.
Autocertificazione Uefa
Yonghong Li ora ha la strada obbligata: oltre ai 30 milioni di interessi all’anno da restituire ad Elliot, incombe la scadenza tecnica con l’Uefa, visto che il Milan deve presentare entro dopodomani il piano di autocertificazione sul fairplay finanziario per potere partecipare all’Europa League in caso di qualificazione, e la proroga non andrà oltre le due settimane. Senza parlare dell’opera di rafforzamento da mettere in atto: i capitali cinesi diventano fondamentali, altrimenti Elliot si prenderà la società, portando allo scoperto la natura speculativa dell’operazione